L’uso degli attori nel cinema
Film, cortometraggi, interviste, opere teatrali, libri, sculture, cose voluminose attraverso le quali abbiamo compreso la difficoltà di portare avanti un discorso formale contrario ai canoni estetici imposti da un regime culturale che propaganda la dittatura dell’ovvio, del già conosciuto: una dittatura che conduce allo sterminio di massa. Abbiamo vissuto questi anni a rappresentare l’assenza di un filo conduttore mentre restavamo sbigottiti dal contrasto tra l’avanzare delle ideologie contrarie alla fantasia e il desiderio delle persone di vedere cose nuove e vivere realtà eccentriche: ed è proprio il contatto con il pubblico che ci ha dato l’input a resistere mentre dall’altra parte alcuni critici ci hanno aiutato ad esistere.
I nostri set si trasformano in eventi performativi, ogni partecipante ne subisce il fascino. Scegliamo gli attori in base alla loro personalità: Armando Novara, Lavinia Novara, Domenico Vitucci, Geraldine Vitullo, Maurizio Catania, Federico Carra, Davide Sbrolli, Toto Novara, Raffaela Fantaccione, Chiara Cavalli, Giovanna Colacevich, Bianca Menna, sono gli interpreti più presenti nei film e nei cortometraggi degli anni 90. I loro corpi vagano nelle inquadrature in preda a linguaggi codificati trapiantati in situazioni sature di oggetti, di luce, di profondità. I personaggi sono esseri soli, asociali egoisti, sovrastati dalle loro stesse esigenze, uomini da poco che confondono i bisogni indotti con quelli interiori e arrancano nell’esistenza simulando il sentimento. L’introspezione così esasperata diventa ironica: si ride molto di fronte ai drammi della realtà che rendono l’essere umano infelice. Si tratta però di un riso superiore, mai liberatorio, né consolatorio. Si tratta di un riso che ti si posa sul petto e te lo sfonda. E’ un ridere che pesa e che fa stare meglio nel peggio deteriore. La nostra ironia non lascia scampo neppure al sarcasmo, così codificato, e al cinismo, ormai parificato.
Una volta ultimate le riprese i corpi sono ormai sfiniti: è nella penombra della sala di montaggio che nasce il ritmo, la poetica e il dialogo spesso doppiato, perché anche le parole di prima non vanno bene con le immagini di dopo.
Films, shorts, interviews, plays, books, sculptures, bulky things which made us understand how hard it is to carry on a formal statement contrary to the standards of aesthetics imposed by a cultural regime that propagandizes the domination of the obvious, of what is already known: a domination that leads to mass extermination. We have lived through these years representing the absence of a leading thread while being appalled by the contrast between the advancement of ideologies opposed to the imagination and people’s desire to see new things and experience eccentric realities: and it has been the very contact with the public that has given us the input to resist while, on the other side, several critics have helped us to exist.
Our sets are transformed into performances, everyone who takes part caught under the spell. We choose the actors according to their personality: Armando Novara, Lavinia Novara, Domenico Vitucci, Geraldine Vitullo, Maurizio Catania, Federico Carra, Davide Sbrolli, Toto Novara, Raffaela Fantaccione, Chiara Cavalli, Giovanna Colacevich, Bianca Menna, are those who appear more often in our films and shorts of the Nineties. Their bodies float around in the frames at the mercy of codified languages transplanted into situations crammed with objects, light and depth. The characters are lone beings, egoistic and antisocial, overcome by their own needs, men of little importance who confuse their induced needs with their interior ones, trudging through their existence simulating sentiment. Such exasperated introspection becomes ironic: we laugh a lot at the dramas of reality that render man unhappy. But it’s a superior laugh, never liberating, nor consoling. It’s a laugh that sits on your chest and crushes it. It’s a laugh that weighs you down and makes you feel better in the worst worst. Our irony leaves no room even for sarcasm, so codified, or for cynicism, now considered the same thing.
Once shooting is over the bodies are worn out: it’s in the dim light of the editing room that the rhythm, the poetics and the dialogue is created – the latter often dubbed since even the words of before do not fit with the images of after.