Fotofinish

(2003)

di Flavia Mastrella, Antonio Rezza

con Antonio Rezza
e con Manolo Muoio

allestimento: Flavia Mastrella
(mai) scritto da Antonio Rezza
assistente alla creazione: Massimo Camilli

luci e tecnica: Alice Mollica 

organizzazione generale: Tamara Viola, Stefania Saltarelli

macchinista: Eughenij Razzeca
sartoria: Silvana Cionfoli
Metalli: Vittorio Capraro

produzione:
REZZAMASTRELLA
La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello

ufficio stampa: Chiara Crupi Artinconnessione

La storia

È la storia di un uomo che si fotografa per sentirsi meno solo.
Apre così uno studio dove si immortala fingendosi ora cliente ora fotografo esperto.
E grazie alla moltiplicazione della sua immagine arriva a credersi un politico che parla alla folla. Una folla che non c’è.
Ma che lo galvanizza come tutte le cose che non avremo mai.
Tra un comizio e l’altro arriva a proclamarsi costruttore di ospedali ambulanti che si spostano direttamente nelle case dei malati.
E all’interno di questi ospedali c’è sempre lui: sotto le vesti del primario, sotto quelle del degente e sotto quelle delle suore cappellone che sostituiscono la medicina con gli strumenti della fede.

Ben presto, grazie all’inflazione della sua immagine, è convinto di non essere più solo.
E continua nelle sue scorribande politiche delegando se stesso alla cultura per costruire impossibili cinema dove l’erotismo differisce dalla pornografia solo per qualche traccia labile di dialogo.
E ipotizza incendi e sciagure, ipotizza uscite di sicurezza per portare in salvo lo spettatore medio che lui stesso rappresenta.
Di tanto in tanto torna dal fotografo che è per costringersi a scattarsi nuove foto.
E impazzisce a poco a poco.
Ma mai completamente.
Nel pieno del suo delirio auto presenzialista arriva a farsi donna con tutta la sua nudità camuffata; e a farsi uomo, pensandosi ora l’una ed ora l’altro, immaginando di uscirsi insieme per rientrarsi accanto.
E come politico sblocca ogni piano regolatore per regalarsi una casa ambulante, come gli ospedali, come la disperazione di chi tenta di imbrogliar se stesso.
E solo quando è costretto a mettere un cane a difesa della sua abitazione capisce di esser solo e di essere lui quel cane posto a tutela della proprietà.

Ma con un colpo di coda inaspettato torna da cane a politico e accusa gli elettori di non aver capito. Di non aver capito che nulla è mai esistito.
L’unica cosa che esisteva era la sua solitudine.
Che non può essere fotografata perché la solitudine è l’assenza di chi non ti è vicino.

Allestimento

L’allestimento scenico è costituito da Cinque elementi, i TOTEM, che sviluppano le braccia e tentano di contenere il circostante; appesi ai totem giacciono sculture e volumi mobili che danno la possibilità di percorrere tutto il palco – sono presenti i quadri di scena mutanti*
Il bianco è il colore dominante, in varie tonalità, con squarci di rossi vivaci verdi e blu.

La sfera bianca rotola in un spazio del quale ignora completamente le regole, vaga come microcosmo mentale abitativo e definitivo.
Lo sferoide con Antonio ruota tra il pubblico nel corridoio centrale del teatro su un prolungamento del palco illuminato. Il mezzo che porta al nulla, munito di ruote, rende agili gli spostamenti.
Sono previste altre presenze umane in scena con Antonio: Un passeggero – Una folla.

*I mutanti sono dei quadri di scena che scivolando dal supporto metallico diventano abito o appendice del corpo. Apparsi la prima volta nell’allestimento di Barba e Cravatta si sono poi evoluti nel volume con Io.